Caivano

CAIVANO. Povero Pd, cosa combini. Salvate il soldato Angelino!

Pubblicato

il

Caivano. La consiliatura è terminata con ben tre anni di anticipo. Non tocca a noi esprimere altri giudizi. Ne abbiamo già scritti tanti dando la possibilità a tutti di esprimere una opinione. Almeno a chi ha la possibilità di poter esprimere un’opinione mettendoci la faccia.

Riteniamo che i cittadini, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, siano riusciti a tracciare anche in questi giorni una differenza tra il sindaco Simone Monopoli e coloro che lo hanno sfiduciato. Condannare Caivano ad un altro anno “amministrativo” di commissariamento non è una bella cosa e non è una scelta che si può giustificare alla popolazione. Soprattutto per i motivi che hanno decretato la fine anticipata della consiliatura e per la dinamica emersa in questi mesi.

L’attenzione è stata tutta rivolta ai quattro “traditori”: Gaetano Ponticelli, Cinzia Buonfiglio, Giuseppe Mellone e Lorenzo Frezza. Consiglieri di Forza Italia che hanno sfiduciato il sindaco. E’ passato in secondo piano l’atteggiamento del Partito democratico. Ed è ora di aprire anche un dibattito perché, almeno per i soggetti pensanti, il “capro espiatorio” non serve. Archiviamo anche solo per un attimo il tiro a bersaglio nei confronti dei 4 dissidenti che, visto quanto emerso, non fa nemmeno più notizia. Verità a galla e partita chiusa. Proviamo invece ad analizzare l’atteggiamento del Pd.

I “democratici” avevano tutto l’interesse politico a mandare a casa Simone Monopoli. Ed è fuori discussione. Ma un partito serio, come dovrebbe essere il Pd, non si può limitare a fare ragionamenti uguali a chi vive, come i 4 dissidenti di Forza Italia, alla giornata. Un partito che si rispetti ha il dovere di tracciare una linea, di arrivare agli obiettivi attraverso percorsi politici che siano lungimiranti. Altrimenti il Pd di Caivano continuerà a perdere, così come accade da quattro elezioni (unico caso se analizziamo la storia dei Comuni limitrofi). Ed a Caivano non solo c’è l’imbarazzante situazione per il segretario Antonio Angelino che, insieme a Ponticelli e Mellone, ha gestito il percorso della sfiducia al sindaco per come il percorso si è sviluppato, ma si può rasentare il paradosso che farà entrare nella storia sicuramente Angelino come colui che ha messo definitivamente in ginocchio il Pd locale.

Il Pd rischia di perdere ancora. E se vince, il partito uscirà distrutto. Difficile capirlo oggi, ma sarà così. Provare per credere. Dovrà trasformarsi in una piccola lobby di potere che si accontenta del ruolo di “appendice” ad una “coalizione padiglione” che tenga dentro mondi diversi, incompatibili e di diversa genesi. Tralasciando, per il momento, semplicemente perché ci sarà tempo, l’argomento legato alle collusioni scomode che pure, da quello che si sente in giro, tornerà con prepotenza di attualità.

Procediamo con calma. Restiamo alla politica.

Il Pd deve mandare a casa Monopoli. E non c’è dubbio. Cosa è accaduto? Forza Italia rompe col sindaco e pretende di firmare una mozione di sfiducia. Firma tutto il centrosinistra. In quel momento si sceglie una strada e la si comunica alla città. Si va in aula e si spiegano i motivi di questa decisione pure perché molti conti non tornano. Se i contestatori e i denigratori del Pd e delle passate amministrazioni lasciano Monopoli all’improvviso, rinnegano un percorso e passano sull’altra sponda, un partito serio cosa fa? Decide di capirne i motivi. Ed è giusto che si spieghi alla città cosa è successo. Il sindaco accetta la sfida. Non ha paura dell’aula e rilancia in diretta tv: “Vado in Consiglio e spiego i motivi della rottura guardando negli occhi i singoli consiglieri di Forza Italia autori di un vero e proprio ricatto politico”. Qui il Pd non doveva fare altro che andare in Consiglio, votare la sfiducia ed assistere ad una resa dei conti interna anche per capire qual era la verità. Pure in chiave prospettica. Perché se ci sono consiglieri che hanno interessi personali in nome dei quali ricattano un sindaco, il Pd ha il dovere di sapere, almeno per tenerli alla larga ed isolarli. Pure perché sempre i democratici hanno sempre detto “Monopoli è una brava persona ma ha attorno il marcio”. Tranne che il “marcio” non diventi oro solo perché diventa alleato del Pd, un po’ di chiarezza bisognava farla pubblicamente e faccia faccia nella sede deputata al confronto. E non affidare la comunicazione ad una macchina del fango gestita con lo stile della mafia: utilizzando i “cappucci” sui social. Chiaro riferimento ai profili anonimi. Torniamo ai fatti.

Il sindaco rilancia e Forza Italia va in panico pretendendo dal Pd un cambio di strategia. Dalla mozione di sfiducia si passa alle dimissioni dei consiglieri dal notaio. E in questo frangente non è cambiato nulla se non la dichiarazione pubblica del primo cittadino di dire la verità di fronte alla città ed in presenza di chi lo ha tradito.

Plausibile e comprensibile il timore dei 4 di Forza Italia. Soprattutto se eventualmente c’è qualcosa da nascondere. Non si capisce perché, al contrario, il Pd doveva avere paura del confronto con Monopoli o perché il Pd ha deciso di aiutare Forza Italia a nascondere quello che ormai agli occhi di tutti è passato alla storia come il “ricatto politico”. Il Pd “stampella” di Forza Italia. Lo abbiamo già scritto. Coerente con la sua storia. Da “stampella” di Tonino Falco a stampella di Forza Italia. E non è finita qui. Senza prospettiva, senza candidati, senza alleanza, con un partito dilaniato senza bussola e senza obiettivi. Il risultato? Inizieranno a scappare tutti dalla sezione. Almeno gli uomini più di peso che con le lobby, gli apparati e gli interessi non hanno nulla, da sempre, a che vedere. Si tireranno fuori perché non gradiscono intrighi ed un copione che si ripete da secoli. Palla di vetro e analizziamo il futuro. Sapendo che c’è la prova dei fatti a smentire o a darci ragione.

Da qui a breve inizierà la fuga degli ultimi rimasti in sezione. Non rinnoveranno la tessera e prenderanno le distanze dal teatrino che si metterà in piedi. Sempre lo stesso con gli stessi protagonisti. Articolo Uno, Mariella Donesi e Della Rocca, con gli ex diessini, ricordate i fedelissimi di Semplice, da Sirico in giù? A fare da testa d’ariete. Antonio Angelino sindaco. Inizieranno a sparare contro Emione e contro la coalizione che sta mettendo in piedi, lui si, avendo pensato ad una prospettiva. Le teste d’ariete negheranno le primarie che Emione chiederà con insistenza; negheranno la possibilità di concedere la candidatura a sindaco all’esponente di Liberi cittadini oppure ad un soggetto senza tessera del Pd. Metteranno alla porta i migliori, i più forti e forse anche i più credibili per montare la sceneggiata. Centrosinistra puro con Angelino candidato. Fino ad un attimo prima di presentare le liste. Poi si accorgeranno che Angelino non è in campo nemmeno per una sconfitta dignitosa. Si accorgeranno che hanno difficoltà a fare la lista del Pd, figuriamoci quella degli alleati. Si accorgeranno che hanno una sola prospettiva: perdere le elezioni e scomparire dalla geopolitica caivanese. E lì che il Pd rischia di mettere in campo il peggio di sé, superando quanto di pessimo fatto fino a questo momento. Non a caso le sconfitte consecutive negli anni la dicono lunga sulle scelte messe in campo da questa regia che dovrà addirittura allearsi con Ponticelli e Buonfiglio. Ricordate i moralisti tra il pubblico durante l’epoca Monopoli? Ricordate quelle sedicenti “donne di cultura” cosa dicevano quando Ponticelli leggeva in aula gli interventi e quando i consiglieri di Forza Italia parlavano? Si, proprio loro. Per non scomparire anche quelle donne devono mettere in conto di andare a braccetto con Gaetano Ponticelli, Cinzia Buonfiglio, Giuseppe Mellone. Accontentarsi di qualche poltrona mentre i “grandi” gestiranno il territorio come una vera e propria torta. Il Pd dovrà rinnegare la sua storia se continua così e cedere il passo definitivamente.

Ecco perché Caivano dev’essere liberata da una regia affaristica che non compare ma che muove le fila dall’esterno condizionando la politica, l’amministrazione e quindi la città. I consiglieri si accontentano delle molliche. Qualche disoccupato del sottogoverno. E la “regia” tornerà indisturbata a mettere le mani sulla città. Ecco perché gente come Monopoli e anche Franco Casaburo del Pd sono scomodi e non potranno mai fare bene. Almeno fino a quando Caivano sarà condizionata da chi non è individuabile perché non ci mette mai la faccia. E la vera sfida resta questa: smascherare la “regia” e capire chi è realmente che vuole Caivano in questo stato e soprattutto per realizzare quali interessi. Capire, inoltre, se questi interessi sono deviati e se hanno punti di contatto con ambienti inquinati fino al midollo. E di che tipo di inquinamento parliamo.

E i cittadini? Avranno il coraggio di ribellarsi alle peggiori logiche? Se la politica non dovesse dimostrare gli anticorpi giusti, ci deve pensare la città. Altrimenti dopo il dissesto ci sarà un altro stadio da consumare, sempre più giù. Manca solo quello. Poi davvero calerà il sipario sulla città. Per sempre. Ecco perché Simone Monopoli ha il dovere di restare in campo. Almeno lui. Perché potrà vincere o perdere. Ma ha il dovere di vigilare affinché la città non cada nelle mani di un vero e proprio “padiglione”… Conservate questo pezzo a futura memoria.

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Popolari

Exit mobile version