Il consenso politico, fonda sulle basi solide del piacere, una sorta di orgasmo che provano alcune persone quando per necessità, visibilità o mancanza di un ruolo nella società, ricorrono all’aiuto del consigliere di turno per ottenere lo scopo che si erano prefissati.
Esistono due tipi di membri consiliari che praticano la nobile arte del “favore”.
Il primo, e quello certamente più apprezzabile dal richiedente, è colui che ricorre al “Manuale del perfetto mentitore” edito da Cosavuoichesia Edizioni, da dove ha appreso frasi del tipo, “sta tranquillo, ci penso io e non pretendo nulla in cambio”, “Lo faccio per amore di questo paese”, “bisogna aiutare i professionisti seri come te”, e via discorrendo fino all’apice del “Non voglio nulla in cambio, ma sai come funziona in politica”.
Il secondo è il classico analfabeta vestito da prima comunione tutti i giorni, con occhiali Ray-Ban alla Venditti e che vagabonda in giro per il paese a caccia delle sue prede preferite, gli aventi bisogno di quel piacere, che è un loro diritto, ma che gli viene venduto al caro prezzo del voto alle prossime elezioni.
Ai primi si rivolgono maggiormente i professionisti, perché loro, i membri della casta filosofica consiliare, difficilmente si lasciano avvicinare da coloro che non sono “studiati”, preferiscono cacciagione altolocata almeno sulla carta, il nome noto sul territorio, l’ingegnere in cerca di progetti finanziati dalla Comunità Europea, il commercialista capace che ha molti clienti a cui poter affidare il consenso verso di loro in cambio di qualche occhio chiuso sulle attività svolte, fino al commerciante facoltoso che potrebbe, eventualmente, finanziare la loro corsa allo scranno più alto della giunta comunale.
A volte il meccanismo funziona e i richiedenti ricevono il dovuto e entrambi le parti concludono un buon affare.
Non sempre però le ciambelle riescono con il buco e anche se l’ingegnere aveva calcolato la consistenza dell’impasto e il peso specifico della massa, il commercialista fatti i conti del costo della materia prima, il commerciante fornito i prodotti migliori e il nome noto averci messo, appunto, il nome, spesso si ritrovano tra le mani una roba che, oltre a non avere il buco, risulta anche immangiabile. Questo accade perché i soggetti, avendo chiesto il piacere, un po’ per dignità, un tantino per l’omertà richiesta in questi casi, non comunicano tra di loro.
Bisogna quindi fare attenzione, perché questi soggetti sono pronti a cambiare opinione, partito, amico, qualora le cose andassero storte.
Ai secondi invece, si indirizzano i reietti della società, le persone che hanno poco o niente da perdere, quelli che hanno gli occhi che luccicano per le lacrime versate mentre pagano le bollette, che hanno una casa in affitto in nero con il soffitto adornato da pregiate muffe e che sperano in un posto da manovale per i loro figli e di lavapiatti per le figlie. Sono quelli vinti dalla vita, a cui non interessano gli intrallazzi e le beghe politiche, basta che si mangia, che si abbia la possibilità di sfamare la famiglia senza badare troppo alla qualità del cibo, riempire la pancia è per loro una necessità primaria, non importa se con caviale e aragosta o con merluzzo surgelato.
Questi, a differenza dei primi, costituiscono i fedelissimi, dato che niente e nessuno avrà mai interesse a migliorare la loro situazione per sfruttare la loro indigenza economica e culturale.
Entrambi gli individui vengono spiegati da Kant, secondo cui la morale non può associarsi alla ricerca del piacere o di qualsiasi altro bene materiale dato che questi ultimi svilirebbero l’imperativo morale lasciandolo nella sfera dell’ìpotesi.
Insomma, un edonismo politico velato dal paravento del bene comune da una parte, dove la ricerca del piacere personale è posta su un piano nettamente superiore rispetto all’applicazione di una filosofia tommasiana del bene, dove la comunità civile rappresenta la “opus Rationis”, un’opera della ragione, che ha il compito di gestirla razionalmente, e un’atarassia gestionale dall’altra che trova il suo riscatto nel menefreghismo più becero dell’attuale classe dirigente.
La cura del bene comune da parte dell’autorità politica, è obbligatoriamente non variabile, in quanto essa non ha giustificazione in se stessa ma ha il compito di provvedere direttamente al bene comune preservandone l’istanza originaria.
Quelli che oggi si definiscono politici, ben poco sanno delle ragioni del loro mandato, se non che sia la risultante di due forze contrapposte, quella della necessità e del potere, dove quest’ultimo regola l’imperativo del “tutto è onesto fino a quando è legale”.
L’onestà, però, trova ampio respiro nelle istanze di una società che pone il fulcro della rettitudine al centro tra il bisogno e la giustizia, dove la legge è il giusto compromesso tra la necessità e il diritto, altrimenti il tutto si riduce a una mera rappresentazione di una commedia che non trova riscontro nella realtà una volta fuori dal teatrino politico.