Il primo a calare il velo sull’incapacità -non voglio definirlo razzismo- degli italiani di accogliere, è stato il leader indiscusso dell’ala “evolutiva” del M5S, Luigi di Maio, il quale qualche mese fa indicò quale male dell’immigrazione clandestina le ONG, colpevoli di usare le loro navi come fossero Taxi della disperazione.
Ne è venuto fuori un quadro che, secondo la mia modesta opinione, è più che allarmante.
La parte “sana” del movimento, quella che si ispira ai principi fondanti, da Roberto Fico a Paola Nugnes, nulla ha potuto contro la deriva segregazionista della maggior parte degli attivisti.
Il fanatismo settario e antidemocratico ha toccato il suo apice nei giorni scorsi, quando lo stupro di una donna e di un trans è balzato agli onori della cronaca.
Niente di deprecabile esiste più dello stupro se non l’assassinio sia chiaro, ma i toni assunti nella “battaglia” sui social tra coloro che difendono la libera circolazione delle persone, definiti – dai favorevoli alla “mattanza” degli extracomunitari – buonisti e chi cerca di spiegare che il loro sentimento non riguarda il razzismo ma il buon senso dettato da secoli di storia italiana, hanno assunto apici estremi che rappresentano la mancanza di una visione globale dell’esistenza.
Non sono mancate neanche prese di posizioni forti da parte di qualcuno che dovrebbe avere a cuore la legalità e la non violenza, invitando le donne a farsi giustizia da sole.
Personaggi che avrebbero potuto evitare l’istigazione all’assassinio data la forte esposizione mediatica di cui godono grazie ai loro trascorsi di testimoni di giustizia.
Duemila anni di civiltà buttati via per riabilitare la legge del taglione.
Ma questo è un’altra storia.
Gli italiani si sono costruiti degli alibi per mettere a tacere la coscienza e questi, si sa, se ne ha bisogno quando si ha la certezza di essere colpevoli.
La prima scusa ce la siamo creata sull’accoglienza, che dovrebbe, secondo i molti, essere concessa solo ai rifugiati politici, mentre per quelli economici ci sarebbe l’opzione dell’aiuto a casa loro.
Quest’ultima è inconcepibile, inammissibile e paradossale perché viene da un popolo a forte vocazione migratoria che non riguarda solo il passato, visto che oltre 4 milioni di italiani sono ad oggi sparsi per il mondo.
E si parte anche senza avere un lavoro, ne ho testimonianza diretta, con la valigia vuota e il cuore pieno di speranze, dei veri e propri profughi per necessità, a parte le poche eccezioni di quei geni incompresi che migrano perché la patria, per loro stessa definizione, non è capace di svolgere il ruolo di madre e ha gli occhi bendati da un’irresponsabile predilezione per una sorta di masochismo sadico che li vuole fuori dall’Italia, un po’ come darsi le bastonate tra le gambe.
Mi chiedo, allora, per quale misterioso motivo masse enormi di uomini, donne e bambini, scelgono di attraversare un deserto, solcare un mare, sbarcare in una terra come l’Italia che non ha nulla da offrire ai suoi stessi cittadini, avendo l’unica opzione il delinquere, costretti spesso dai loro stessi compatrioti, spinti dalla necessita a lavorare sotto il sole cocente per 5 euro al giorno da “caporali” senza scrupoli, scegliere la strada dello spaccio al soldo di mafiosi e camorristi, introdotti nel circuito della criminalità dagli stessi soggetti che sui social fanno di tutto per apparire come buoni padri di famiglia e genitori affettuosi.
Ciò che ci sfugge è che questa situazione l’abbiamo creata noi. Cinquecento anni di invasioni, saccheggi, massacri e stupri, lo dice la storia, la stessa che oggi ci sta chiedendo il conto per le nostre nefandezze.
Allora se non partiamo con il cambiare le cose in casa nostra, non possiamo in alcun modo aiutarli a “casa loro”.
Dovremmo iniziare a smettere di vendere armi, proporre degli accordi commerciali seri con i loro paesi, condannare le nostre aziende che non concedono salari equi in base al loro lavoro, mutare il nostro consumismo sfrenato, che ci “costringe” a depredarli delle loro risorse a costi minimi, in un uso consapevole e duraturo degli “oggetti” che tengono in piedi il sistema consumistico, quell’economia di cui non riusciamo ormai più a privarci perché è divenuta un serpente che si morde la coda.
Dovremmo vigilare da vicino gli investimenti esteri delle nostre imprese per impedire comportamenti corruttivi a vantaggio di pochi capi locali che accumulano fortune nei paradisi fiscali della Svizzera e della Gran Bretagna.
Per dare una dimensione del fenomeno corruttivo nei confronti di questi paesi, basti pensare che il 21% degli immigrati sbarcati sulle nostre coste nel 2016 erano Nigeriani, provenienti cioè da una delle poche nazioni africane che, grazie al suo petrolio, vanta una grande un’economia.
Il pianeta non è cambiato, strutturalmente le risorse ci sono e potrebbero, se usate bene, sfamare il doppio della popolazione mondiale attuale, non siamo troppi ma siamo troppo egoisti, attaccati alle cose e non alle persone, orfani di quei valori che i nostri antenati, seppur nella loro ignoranza, hanno cercato di tramandare riuscendoci solo in parte.
Questa intolleranza, e voglio continuare a non usare razzismo, non ci porterà da nessuna parte, i muri non possono essere abbattuti a furor di popolo versando lacrime di commozione e poi ricostruiti a furor di popolo versando veleno.
Lo stesso M5S, populista per definizione, dovrebbe promuovere una campagna di sensibilizzazione per i propri attivisti.
Siamo tutti uguali, nessuno deve rimanere indietro.
Nessuno! Non avendo specificato la nazionalità.
Gli italiani hanno la memoria corta e così, come nel caso dell’emigrazione, hanno già dimenticato le lotte delle donne connazionali sfregiate dai loro compagni, uccise per gelosia, stuprate tra le mura domestiche, dagli “uomini” italiani.
Insomma, gli italiani si sono svegliati una mattina e, grillini compresi, sono diventati tutti leghisti.
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Un momento del sit in del coordinamento antiviolenza per dire no ai femminicidi e ricordare Carmela Petrucci a Piazza Ruggero Settimo, Palermo, 20 ottobre 2012. ANSA/MIKE PALAZZOTTO
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