NAPOLI – Ieri a mezzogiorno chiusi i lavori negli uffici della Regione Campania, i sette consiglieri regionali hanno cominciato ad occupare la piazzetta del centro direzionale antistante il palazzo della Regione con tende, sedie e tavolini. In realtà il Presidio era stato organizzato insieme ad una ristretta cerchia di attivisti, eletti ed ex eletti all’indomani della decisione di annullare l’evento in programma denominato #StutammOFFuoco. Le motivazioni che furono date dal gruppo organizzatore -ancora non sono chiare né le modalità di selezione né le modalità di composizione di tale gruppo, visto che uno dei principi cardini di cui si vanta il Movimento 5 stelle è la trasparenza, ma evidentemente in Campania si ha un concetto diverso della stessa- furono le seguenti: “I portavoce e gli attivisti del Movimento 5 stelle in segno di rispetto e vicinanza alle comunità colpite dagli incendi nel Parco nazionale del Vesuvio e Monte Somma hanno deciso di annullare l’evento per la Terra dei Fuochi. Il rischio di cadere nella strumentalizzazione di questa tragedia ci impone di annullare la manifestazione.
Ci saranno altri momenti per manifestare le proposte del Movimento 5 stelle. Ora è il momento di dare un contributo fattivo per uscire dall’emergenza. Tutti i portavoce sono impegnati per questo.”
Al di là del fatto che chi riesce a capire quale sia la vera motivazione dell’annullamento di quell’evento da questo comunicato è davvero molto bravo, e al di là del fatto che la gente ancora si domanda cosa ci sia di diverso tra una manifestazione in piazza e un sit-in fuori la regione tale da non far strumentalizzare vista la tragedia del Vesuvio. Dal social network più famoso sono cominciate a piovere le critiche sulla decisione di mettere su un presidio lontano dalla gente, dai comitati e dai cittadini attivi, deciso da pochi, quando poi a pochi giorni di distanza, sul territorio, alcuni comitati hanno presentato al prefetto un piano studiato da esperti per arginare il problema dei roghi tossici a cui hanno aderito tutte le sigle partitiche e associazioni ambientali tranne che il Movimento 5 stelle. Eppure il Movimento di Grillo e Casaleggio nasce proprio da questi tipi di battaglie, dal basso, da quei problemi che non dovrebbero avere colore politico, e a dire il vero, in Campania non è la prima volta che il Movimento 5 stelle bada di più alla paternità di una lotta che al vero scopo di essa, ci sarà qualcosa che si ingrippa nei meccanismi della comunicazione dei regionali, non a caso ricordo quando ero presente a Pomigliano d’Arco all’organizzazione della campagna referendaria contro le modifiche renziane alla nostra Costituzione, in quel contesto si invitavano gli attivisti del Movimento presenti a non usare materiale pubblicitario provenienti dai comitati del “NO” ma bisognava usare solo la comunicazione istituita dal M5S perché -testuali parole-: “I canali ampiamente sudati e guadagnati dal Movimento sono abbastanza consolidati per poter diffondere il messaggio”. In poche parole -almeno in Campania- allora come oggi che il Movimento ha ampiamente boicottato la manifestazione organizzata dai comitati napoletani il 14 Luglio scorso, si è preferito mettere il simbolo davanti ad una lotta che riguardava solo ed esclusivamente il bene collettivo.
Dal punto di vista politico, non fanno una bella figura i sette consiglieri pentastellati, visto che a chi contesta la decisione del Presidio, essi rispondono che qualcosa all’interno delle mura del Palazzo di Santa Lucia è stato fatto ma che siccome sono in minoranza non vengono ascoltati. Benvenuti nel mondo della Politica signori cari, certo che gli elettori, così come tanti attivisti della prima ora, quelli ingenui che credevano nel sogno di mandare cittadini nelle istituzioni, non hanno mai pensato di mandare sette attivisti a fare le vacanze al centro direzionale facendogli guadagnare settemila euro ciascuno. Un compito ce l’hanno eppure arduo, quello di scoprire gli altarini, indagare dove c’è il marcio, insomma aprire la famosa scatoletta di tonni, mettere le mani lì dove un semplice cittadino con una richiesta di accesso agli atti impiegherebbe degli anni tra tribunali e denunce per omissioni d’atti d’ufficio. Dopodiché usare tutti i mezzi d’informazione istituzionali e non, nel nome della trasparenza, per fomentare l’opinione pubblica sul malaffare e la corruzione che sicuramente ci sarà nel palazzo di Santa Lucia e invece nulla di tutto questo si è saputo che è stato fatto, allora due sono le cose: se qualcosa sotto questo punto di vista è stato fatto e fuori non si è saputo vuol dire che si pecca di comunicazione e quindi di trasparenza, in caso contrario vuol dire che nulla è stato fatto.
Se la maggioranza in Regione non ha paura di un’opposizione, se la maggioranza non ascolta l’opposizione, vuol dire che: o l’opposizione è inefficiente, o è connivente e allora a questo punto non ci sono sit-in che tengono e non reggono neanche i confronti con le manifestazioni organizzate dal gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle, perché almeno ai tempi della salita sul tetto del Parlamento, la comunicazione nazionale funzionava bene e la gente sapeva perché i parlamentari pentastellati erano lì. Chissà ad oggi se i deputati grillini non avessero fatto quel gesto, forse non avremo conquistato né il referendum, né la vittoria del NO. Invece cosa si sa delle richieste fatte dal settetto regionale? Una misera mozione nella quale si chiede di risolvere il problema dei roghi tossici, almeno è quello che si evince da un commento fatto a mezzo social dalla capogruppo Valeria Ciarambino. Ma allora se il lavoro di un’opposizione si dovesse limitare solo a presentare mozioni ed emendamenti con la speranza che chi la pensa diversamente da me, con conclamato sistema clientelare di voti che gli permette di avere sempre maggior potere, li accettasse e li portasse avanti, sarebbe un gioco da ragazzi, al punto tale da poter fare anche un secondo lavoro professionale vista la rapidità di esecuzione nel fare il politico secondo la logica dei consiglieri pentastellati della regione Campania.
Detto questo, non ci resta che dar ragione a chi, inutilmente chiede lumi sul perché il Movimento in Campania non ha aderito alla chiamata dei comitati e sul perché si pensa che il sit-in sotto la Regione non sia solo una trovata teatrale e pubblicitaria, visto che la maggior parte dell’elettorato sperava in un ruolo più investigativo oltre che politicamente più tattico da parte dei “magnifici sette” in Regione.