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Napoli

NAPOLI, Ulleto sul caso Anm: “Buttare in strada padri di famiglia non significa risanamento”

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NAPOLI – La consigliera comunale, Anna Ulleto, del “gruppo misto” interviene sulla vertenza che riguarda i 200 dipendenti “Anm” a rischio licenziamento.

“Non è assolutamente accettabile che i guai provocati dalle clientele, dall’affarismo e dalle gestioni scellerate e fallimentari del passato di un’azienda come l’Anm debbano essere “pagati” da padri di famiglia buttati fuori, senza colpe, dal mondo del lavoro all’improvviso – dichiara Ulleto -. Purtroppo qualche mese fa quando in aula parlammo di “piano di risanamento” e salvaguardia dei livelli occupazionali sollevai dubbi e perplessità su quella bozza di programma e purtroppo ho avuto ragione. La tutela dei posti di lavoro deve rappresentare la priorità di tutti, senza calcoli politici o di schieramento. Invito il sindaco De Magistris – continua Ulleto – a verificare qualsiasi ipotesi che possa tutelare 200 onesti lavoratori che non meritano di finire in mezzo ad una strada e non meritano di essere abbandonati e dimenticati insieme alle loro famiglie. Seguirò il caso con molta attenzione e, se servirà, presenterò una serie di atti affinché questa ennesima emergenza occupazionale diventi la priorità delle priorità per l’amministrazione e per il Consiglio in quanto è davvero ridicolo che da un lato esultiamo per l’inserimento nel mondo del lavoro della platea “Bros” e dall’altro ci ritroviamo a buttare fuori dall’Anm 200 lavoratori. Serve un atto di responsabilità pure perché rispetto alla scellerata e fallimentare gestione precedente dell’Anm, – conclude Ulleto – è stato nominato un nuovo manager, Ciro Maglione, che ha il dovere di elaborare un piano mettendo in campo competenza e un serio taglio agli sprechi che si annidano nel bilancio dell’azienda, tutelando i lavoratori. L’Anm non si risana coi licenziamenti”.

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Cronaca

Truffe ad anziani in tutto il Sud Italia, sgominata la centrale dei “finti carabinieri”

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Maxi operazione dei Carabinieri nel cuore di Napoli, dove i militari del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei colleghi partenopei, hanno sgominato una ‘centrale delle truffe’, con base operativa nei pressi di Porta San Gennaro, ma che operava in tutto il Sud Italia.

L’operazione è stata avviata dai Carabinieri di Reggio Calabria grazie a una segnalazione su una truffa avvenuta lo scorso maggio a San Giorgio Morgeto, piccolo centro della provincia di Reggio Calabria. Nei guai due pregiudicati che, utilizzando l’ormai consueto metodo del ‘falso carabiniere’, avevano raggirato un’anziana signora, invalida al 100%, convincendola a consegnare tutti i gioielli che custodiva in casa.

Per persuaderla, avevano inscenato un falso incidente stradale in cui sarebbe stato coinvolto il nipote, e avevano richiesto una finta cauzione per evitare l’arresto del giovane. Spaventata e preoccupata per il nipote, la donna ha ceduto i suoi preziosi, ricordi di una vita, per un valore stimato superiore ai 40mila euro.

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Cronaca

Droga e telefonini in carcere, beccati i corrieri

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Stamane è in corso un’operazione della Polizia a Napoli, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale partenopeo, su richiesta dalla Procura. Quindi sono 12 le persone ritenute, a vario titolo, gravemente indiziate dei reati associativi di traffico di droga e l’accesso indebito di cellulari per i detenuti. I reati scoperti sono aggravati dal metodo mafioso.

Lo scorso settembre il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha tenuto una conferenza stampa in seguito al blitz contro i clan casertani. “I detenuti continuano a comunicare dal carcere, a mandare video di feste e compleanni, riescono a comunicare tra di loro e quando ho proposto di comprare i jammer almeno nelle carceri di alta sicurezza, non sono stato ascoltato, mi hanno detto che fanno male alla salute“. Gli jammer sono inibitori di segnale che costano ognuno 60mila euro.

Mi è stato detto – ha aggiunto il magistrato calabrese – che la penitenziaria deve comunicare con il telefonino, mi risulta invece che c’è un telefono con il filo per chiamare i superiori e gli uffici. Non avendo preso provvedimento seri, per ora vengono usati in alcune carceri l’inibizione dei droni anche se poi nella realtà sono già stati usate anche delle contromisure per inibire gli inibitori di droni“.

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Cronaca

“Renà non mi lasciare”, le ultime parole di Arcangelo Correra

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Prima di perdere i sensi avrebbe detto “Renà non mi lasciare”, Arcangelo Correra, il 18enne morto sabato scorso in ospedale dopo essere stato ferito a morte alla testa da un colpo di pistola esploso dall’amico Renato Caiafa di 18 anni che, a suo dire, stava maneggiando una pistola trovata poco prima sulla ruota di una macchina parcheggiata.
Il giovane ha voluto riferire la circostanza stamattina nel corso dell’udienza di convalida del fermo emesso dalla Procura di Napoli (pm Capasso) e notificato dalla Polizia di Stato; fermo che poco fa il gip non ha convalidato disponendo comunque la detenzione in carcere per l’indagato.

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