Siamo dentro un’emergenza ma pochi se ne rendono conto.
Tutta la provincia di Napoli vive in un luogo ostile all’esistenza prodotto da noi stessi. Da chi vota la politica locale e da chi si accinge ad essere eletto nelle istituzioni.
Abbiamo sviluppato il menefreghismo emotivo per riuscire ad andare avanti, evitando di sentirci invasi da una fastidiosa rabbia sconosciuta, grossa quanto le montagne di immondizia sotterrate nella terra, quanto gli edifici cadenti e inutili appollaiati sopra il suolo, o quanto lo spreco di danaro fuoriuscito in tasse dalle nostre tasche, poi finito in quelle di chi mangia frutti buttando via le bucce infracidite: il loro marcio operato.
Ma a marcire è pure la nostra indignazione. Siamo fiacchi, sviliti, assuefatti, comatosi. Le botte in testa non ci danno più nessun dolore, nessuna amarezza. Per rinascere dovremmo prima aggiustare la funzione del dolore. Solo i morti non ne provano e noi siamo ancora vivi, o almeno respiriamo.
Non voglio essere drammatico, e neanche pessimista, non lo sono per natura, poiché credo che tutto possa cambiare in qualsiasi momento. Quindi, questo non è un lamento ma una fotografia del reale. Uno scatto fatto mettendo nell’obiettivo il nostro umore, e l’immagine che ne risulta ritrae sconforto, disforia . L’ottimismo ha pure la capacità di essere realista, o sbaglio?
Se ci guardassimo intorno con più accuratezza, scopriremmo tanti dettagli, che dettagli non sono, a definirci il macabro contesto in cui siamo immersi.
Ma per farlo dovremmo rallentare, uscendo dalla linea retta del tempo. Quel tiranno che stabilisce quando mangiare; quando riposare; cosa e quando acquistare. E poi: il momento del lavoro e delle pause; quello della palestra e dello svago; il tempo da dedicare ad accudire la prole; quello per uscire con gli amici; pagare le bollette; andare al cesso; gettare la carta …
Abbiamo le ore prenotate dal momento in cui apriamo gli occhi. Sappiamo sempre, ogni giorno, esattamente cosa fare, evitando il piacere dell’improvvisazione, lo stimolo della scoperta che nasce da ciò che è incerto.
Nella mente a comandare le nostre azioni quotidiani è una lista di cosa da fare. E sembra strano dirlo, ma quella lista non l’abbiamo stilata noi, anche se materialmente (e metaforicamente parlando) la penna è stata impugnata dalle nostre mani per redigerla. Certo, ci pare che siano tutte mosse scelte, nostre, quelle segnate sul foglio di carta, nell’elenco, ma a pensarci bene non è proprio così.
Finché avremo la necessità di acquistare e consumare, non saremo mai noi i padroni del tempo, ma appunto, la necessità pensata come impellente, che poi non è una necessità reale, piuttosto, invece, si tratta di una necessità soltanto creduta, percepita come indispensabile.
E’ dentro questo turbinio che si costruisce la nostra distrazione, fino al punto da renderci capaci di ignorare il brutto intorno. E’ lì che si muovono le mani e la mente degli ingannatori furtivi, ancora più tristi di noi, perché ci ingannano per l’illusione del danaro.
Certo che il danaro serve, ma non può essere il motivo di una truffa fatta a se stessi e agli altri. Se lascio atterrare rifiuti tossici in prossimità della città in cui vivo con figli e parenti, allora oltre ad essere un criminale sono pure un fesso. Se divento un politico per intascare tangenti o soldi, destinati invece a migliorare servizi comuni, quelli che useranno pure i miei rampolli, sono anche un’imbecille oltre ad essere un delinquente.
La Periferia Scassata, nella provincia rotta di Napoli è dunque fatta da imbecilli con spiccata attitudine al crimine. e dagli ignavi addormentati sui cumuli di “monnezza”, in attesa che i vapori putridi inquinino il corpo e gli organi interni.
Intanto qualcuno ha già intossicato la nostra facoltà di insorgere, bruciando le coscienze.
Andrea Auletta