Ha sfidato il Paese (non un paese qualunque , ma il guazzabuglio di consorterie per antonomasia) con la spavalderia del dilettante, ha truccato il gioco con la protervia del baro al tavolo dei professionisti, ha ridotto l’appuntamento con la Storia ad una storiella di ordinaria conflittualità faziosa (il Paese reale preso a pretesto) , ha messo in gioco la propria credibilità usando come posta la già precaria stabilità di un Mondo agli sgoccioli; si è assunto il peso della sconfitta, ma non quello delle sue gravi responsabilità (come quando l’irresponsabile rampollo lascia sul panno verde le chiavi dell’auto nell’ultima tremenda mano di gioco: peccato che l’auto fosse del babbo…). Ha sancito la solennità del momento accompagnandosi all’effige emblematica e (s)confortante della fedele consorte rispolverata alla bisogna della dignità stridente,mesto contraltare delle sue ridanciane ministre (la magnifica squadra coesa) , polene della nave colata a picco nel mare magnum dell’arroganza smisurata. Il nostro metereologo incurante delle nubi che si addensavano sul suo capo, l’imbonitore del “Domani c’è sempre il sole” si è beccato l’acquazzone: toccherà al Presidente portare l’ombrello. Soddisfatto dell’esito, non saluto con gioia il fallito appuntamento con la Storia, la straordinaria occasione mancata di rinnovare questo Paese nelle sue fondamenta democratiche attraverso strutture più snelle, attuali ed efficienti: un indubbio progresso che non possiamo barattare con la rinuncia al diritto, ma piuttosto promuovendo la partecipazione e la maggiore responsabilizzazione del comune cittadino. Non mi riconosco dunque nella pletora dei facili sensazionalismi: fermamente convinto nella bocciatura di un azzardo scriteriato, di un progetto che avrebbe aumentato a mio avviso lo scollamento tra politica e Paese reale, avverto la drammaticità del momento in cui ognuno si sente padrone a casa degli altri, e con arroganza e prosopopea diversamente declinata, esacerba il Verbo e rinuncia alla Parola del dialogo. Oltre 18 milioni di italiani hanno bocciato questo tentativo pasticciato (ad essere buoni) e sotto molti aspetti nebulosi: non entrerò nel merito della disquisizione della disciplina complessa come webete della circostanza, che forte della sua tastiera e orgoglioso della propria ignoranza, si inalbera costituzionalista alla prima minzione diurna. Mi concederò la serena dissertazione dell’uomo comune che banalmente si interroga dinanzi alla sfida dialettica del buon senso, finendo magari per ribadire un mucchio di ovvietà. Mugugno dunque: è davvero necessario cambiare la Carta Costituzionale o piuttosto impugnarla e utilizzarla con più criterio: tra le righe di questo formidabile documento,possibile non esistano i margini per realizzare nuovi effettivi miglioramenti ? Verrà il tempo dei cambiamenti, necessario, perché “ omnia morentur” (tutte le cose prima o poi muoiono , ogni cosa esaurisce il proprio corso), ma è pur vero che “omnia munda mundis” (tutto è puro per i puri) che una attenzione ossequiosa, responsabile, coerente, onesta della nostra attuale Carta Costituzionale permetterebbe di risolvere molte delle attuali difficoltà e superare quelle contraddizioni che attanagliano questo Paese. Aggiungo: per svecchiare questo Paese, per imprimere una decisiva sferzata nel senso dell’efficienza e della modernizzazione, bisogna davvero cambiare la Carta o più semplicemente (ossimoro del pragmatismo politico) attuare una serie di riforme che incidano sensibilmente sulla vita reale: una sensata riforma scolastica, secondo criteri più equi, oggettivi, meritocratici, per dare un impulso decisivo a cultura,ricerca e innovazione (vitale per un Paese che giocoforza non può competere altrimenti sullo scenario globale) pretende una riscrittura della costituzione o una classe politica meno ciarliera e più competente? Una riforma del sistema fiscale improntata a maggior equità e meno Equitalia (o come diavolo si chiamerà), in cui il contribuente non debba necessariamente eludere il fisco per evitare di essere vittima di un “sistema estorsivo , cravattaro, mafioso” , una riforma del mondo del lavoro attraverso una riscrittura rigorosa delle regole che non deroghi al ricatto del precariato e alla pauperizzazione a mezzo voucher , sono realmente impraticabili con la vetusta costituzione vigente?