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Madre Teresa non fu una santa? La bufala del secolo

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Ignorare è l’attività che molti atei portano avanti con dedizione e costanza, come nel caso dell’ormai defunto Christopher Hitchens, giornalista, saggista, critico letterario, commentatore politico britannico naturalizzato statunitense ma, soprattutto, ostile “al pensiero religioso in sè per sè“.
Nel 1995 il suo capolavoro (sono ironica): “La posizione della missionaria. Teoria e pratica di madre Teresa di Calcutta”, libro in cui, con una serie di teorie aleatorie confermate solo dal proprio ego, Hitchens parla di Madre Teresa di Calcutta etichettandola come un’opportunista in cerca di potere e fama; un prodotto realizzato ad hoc dalla Chiesa Cattolica al fine di occidentalizzare e cristianizzare l’India.

Da qualche giorno, nell’internet, abbiamo visto girare un articolo della giornalista Krithika Varagur che, riprendendo le teorie di Hitchens, ha architettato il suo articolo forse più fallimentare, con le parole più spropositate di questo secolo, contornate da un’invidia verso i nuovi progetti sulla comunicazione nella Chiesa e l’operato della stessa; un piatto di inconsapevolezza ben servito ai più, a quelli che non amano informarsi bene, che passano il loro tempo a dare opinioni senza fondamenta, prive di logica.

Leggi anti-conversione, utero in affitto, induismo nazionalista, i Marò -e il problema, da quelle parti, dovrebbe essere Madre Teresa di Calcutta, una povera donna che ha fatto della propria vita un capolavoro di servizio e umiltà?
Il problema, da quelle parti, dovrebbe essere una chiesa cattolica che cerca di elevarsi tramite mosse mediatiche, sfruttando con intelligenza quello che oggi sono i mezzi di comunicazione?

D’altronde non è una novità che, poco prima della canonizzazione, i Santi vengano attaccati da qualche mente o corrente di pensiero in totale confusione. Per anni abbiamo visto girare teorie sui rapporti politici tra i santi della Chiesa Cattolica e i dittatori, con sommo scandalo di ogni fariseo che si rispetti, perchè scaldalo è che un Papa dia la benedizione a un dittatore, come se la “medicina del cristianesimo” servisse solo agli “eletti”, ai “sani”.
Tutto il contrario di Gesù con l’emorroissa.

Il politicamente corretto, se prova a dialogare con il “santamente corretto”, fallisce.
Perchè chissà se, poi, Hitchens ha mai lavato un lebbroso con le proprie mani, dopo essersi inginocchiato a terra; chissà se si è mai unito ad altri fratelli rimanendo in povertà, donando tutto quello che c’era “in più” alla Chiesa affinchè aiutasse altri poveri (dato che non ce n’erano solo in India); chissà se ha mai dormito sul pavimento come facevano (e fanno) quelle sante suore insieme a Santa Teresa di Calcutta; chissà se ha mai indossato un solo abito per tutta la vita, lavandolo senza ammorbidente al profumo di lavanda.

Il bene non fa mai rumore, le critiche ai santi piovono a fiotti, mentre questi ultimi salvano il mondo, fermano le guerre con una chiamata o un incontro, senza che nessuno lo sappia, senza che nessuno debba scomodarsi alzando il deretano dalla sedia; lasciando ognuno contento di condividere la propria bufala quotidiana, soddisfatto di aver cliccato l’ennesimo like.

 

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A Napoli la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre

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Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.

Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.

È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.

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Effetto dazi sulle Borse mondiali: “rischio di recessione per l’economia mondiale”

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I dazi di Trump “liberano l’America” ma fanno crollare i mercati, da Parigi (-3%) a Wall Street (-2,76%), con il Nasdaq in calo di oltre il 4%.

Milano lascia sul campo il 2,8%. Francoforte il 2%, Londra l’1,43%, favorita da tariffe più leggere rispetto agli altri Paesi, e Madrid l’1,23%. Il crollo del greggio (Wti -7% a 66,67 dollari al barile) e le tariffe commerciali sull’acciaio frenano Tenaris (-8,22%), Saipem (-6,86%), Prysmian (-5,08%), Antofagasta (-7,25%) e Anglo American (-6,44%).

“Le prospettive per l’export e l’impatto diretto e indiretto dei dazi sono un grosso motivo di preoccupazione“. Lo si legge nel resoconto (minute) della riunione della Bce del 5 e 6 marzo, che dà conto anche dei dubbi dei Governatori sul segnale da dare sui tassi d’interesse: i membri del Consiglio direttivo giudicavano “importante” che la comunicazione non dia un segnale in alcuna direzione in vista del meeting di aprile, “tenendo sul tavolo sia un taglio dei tassi che una pausa, in funzione dei dati in arrivo”.


(fonte: Ansa)

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Commercio, sempre più negozi cittadini e centri commericali chiudono con ricadute sull’occupazione

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Sempre più negozi cittadini chiudono con ricadute sull’occupazione.
Se ne apre uno, abbassano la serranda tre, secondo un noto sindacale nazionale di settore.
La crisi è stata acuita ultimamente dalle vendite on-line con consegna a domicilio, di questo passo si rischia che i centri urbani, senza più esercenti, diventino città-dormitori, più brutte, deserte e anche più pericolose.

“Assolutamente sì, è indispensabile un intervento dall’alto per fermare questa deriva che sta arricchendo sempre gli stessi colossi globali e impoverendo le economie locali. In Italia, il commercio fisico è stato lasciato senza strumenti per competere – dice Gaetano Graziano, Vicepresidente dell’associazione dei direttori dei centri commercialiAltri Paesi – continua – hanno capito il rischio e hanno agito: la Francia ha imposto una tassazione sui giganti del web per riequilibrare la concorrenza, la Germania ha investito nel supporto tecnologico ai negozi e il Regno Unito ha ridotto le imposte sugli esercizi commerciali per abbattere i costi di gestione. Nel nostro Paese, invece, non si è fatto nulla di tutto questo, con il risultato che le chiusure aumentano e i centri urbani si svuotano. Senza una strategia nazionale che includa sgravi fiscali, incentivi per la digitalizzazione e una regolamentazione più equa per l’e-commerce, il commercio locale sarà destinato a scomparire, con conseguenze gravissime sul PIL, sull’occupazione e sulla qualità della vita nelle nostre città.”

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