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[VIDEO] [ESCLUSIVA] CAIVANO: Neanche Stalin si sarebbe sognato la conduzione di un Consiglio Comunale simile

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Si scrive Del Gaudio, si legge Stalin. Conduzione di bassissimo livello, quella del presidente del Consiglio ieri negli androni del plesso scolastico “Scotta”

CAIVANO: I cittadini caivanesi presenti ieri al consiglio comunale, a dire il vero c’era pure qualcuno che assisteva per la prima volta, sono stati testimoni una vera è propria esecuzione in piena regola. Ieri per l’ennesima volta, tra le mura del plesso “Scotta”, sindaco, consiglieri e presidente del consiglio, hanno barbaramente ammazzato la Democrazia (la “d” maiuscola non è messa a caso), con atti arroganti e vili, degni del peggior dittatore passato alla storia come carnefice del bene pubblico, questi signori si sono impadroniti della gestione della seduta consiliare e l’hanno condotta a proprio uso e consumo.

Il momento clou è avvenuto quando una capannello di signore residenti al Parco Verde, contestava apertamente il sindaco Monopoli, che a loro dire, in campagna elettorale, aveva promesso case nuove e ristrutturate, ma quando poi salito allo scranno più alto del paese, non ha preso minimamente in considerazione le richieste fatte dai residenti del Parco Verde, che vivono in condizioni disumane, ai limiti della decenza. Ad un certo punto, il dott. Raffaele Del Gaudio, presidente del consiglio comunale, stufo di ascoltare le remostranze delle cittadine arrabbiate, ha cominciato a zittire la folla, facendo appello ad un regolamento comunale più vecchio di lui, scritto forse dai suoi avi, comunicando ai presenti che quel modo di manifestare non era affatto democratico, non tenendo conto che il manifestare con voce alta è sinonimo di passione, la democrazia invece è un’altra cosa, poiché le signore non hanno aggredito nessuno, chiedevano solamente i propri diritti e quello che gli era stato promesso.

A ledere la Democrazia, invece, è stato proprio l’avv. Del Gaudio, quando dietro proposta del consigliere Gaetano Ponticelli e vista l’assenza delle forze dell’ordine ed un’eventuale mancanza di protezione per le proteste ricevute, ha chiesto ai consiglieri, sindaco e assessori se erano d’accordo col sospendere il consiglio per cinque minuti, tra i presenti gli unici ad alzare la mano sono stati lo stesso Ponticelli e il sindaco Monopoli. Dopo questa votazione il presidente del Consiglio, evidentemente vista la scelta di quelli che secondo lui contano veramente, ha dichiarato sospesi i lavori per i cinque minuti richiesti. Questo è il senso di democrazia che hanno i nostri politici, manco una conta sulla maggioranza, non sanno o non vogliono fare, ormai è lapidare ed oggettivo il senso di padronanza che spinge questi esseri che governano la nostra città e la mancanza di rispetto che hanno verso quei cittadini che erano lì attenti a conoscere le sorti della vita politica caivanese, visto che quello di ieri è stato il consiglio dove si decideva la revoca o le dimissioni del sindaco Monopoli.

Un altro spettacolo poco edificante, l’ha dato proprio la figlia del Presidente Del Gaudio che alle proteste delle signore dissidenti, nei confronti del sindaco prima e nei confronti del padre poi, ha apostrofato con il termine “delinquenti” tutti gli abitanti del Parco Verde, in quell’istante, dopo l’infelice intervento della Del Gaudio, si è temuto il peggio, poiché le proteste delle signore, accompagnate dal loro rappresentante Antonio Annavale (ex candidato, proprio in una delle liste che appoggiava Monopoli come sindaco), stavano per sfociare in rissa, forse era proprio quella, la reazione che auspicava la figlia del Presidente, per avvalorare la sua tesi xenofoba e razzista, anche perché, come si vede dal video, continuava a prendere le distanze da Annavale con fare arrogante e presuntuoso, evidentemente l’educazione e la protezione impartita dal genitore che, ricordiamolo, di professione fa il politico e non l’avvocato, ha fatto si che la sua figliola restasse sempre all’oscuro dell’esistenza di persone che fanno enormi sacrifici per guadagnarsi un piatto caldo, che non hanno vissuto nella bambagia e che non si sono mai ritrovate tra la folla ad applaudire il proprio genitore protagonista.

Questi sono stati i fatti più eclatanti successi nell’assise di ieri, visto il noiosissimo epilogo già annunciato, col dietrofront dell’ex dissidente Domenico Falco di “Noi Insieme con Monopoli” che ha permesso al sindaco cardiologo di conservare la risicata maggioranza con un solo elemento di differenza. Solo il tempo ci dirà con quali mezzi, il sindaco Monopoli, continuerà a governare, forse facendo un altro patto col diavolo, nel quale chiederà l’immunità perenne, virale e batteriologica, di tutti i suoi consiglieri, onde evitare bocciature eclatanti nei prossimi consigli comunali.

 

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CAIVANO. Finalmente un’azione degna di nota. La terna commissariale tenta di istituire nuove figure dirigenziali

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CAIVANO – Meglio tardi che mai. Finalmente la terna commissariale affronta seriamente la problematica legata alla macrostruttura e l’organizzazione del personale. In effetti, finora il problema della gestione amministrativa non era stato risolto con le nuove assuzioni, poiché la guida commissariale, arrivata a Caivano in maniera rigida e autoritaria, oltre a determinare la fuga di parecchi addetti ai lavori dall’ente gialloverde, con l’idea di internalizzare il servizio riscossione con il recupero crediti affidato all’ADR, non ha fatto altro che ingolfare il settore tributi, poiché i nuovi assunti, ignari legittimamente, di ciò che bisognasse fare non possono sopperire alle enormi esigenze cittadine.

Evidentemente, l’ultima fuga dell’Ing. Francesco Ferraioli oramai saturo di incarichi e responsabilità, ha messo in allarme la terna commissariale che con una deliberazione datata 22 gennaio 2025 ha cercato di correre ai ripari. Come? Nella maniera più logica e intelligente possibile.

Cercare di capire se ci sono coperture finanziare ed esigenze del personale per poter assumere figure dirigenziali all’interno della macchina burocratica. Un’istituzione mai accaduta e mai avuta nell’ente gialloverde dato che finora le responsabilità di settore venivano affidate a funzionari mediante decreti sindacali. Ma vere e proprie figure dirigenziali non erano mai state assunte.

Non si conosce ancora la formula con cui verranno inseriti questi dirigenti, dato che la deliberazione di cui sopra è meramente speculativa ma possiamo dire, senza tema di smentita, che l’assuzione di capi di settori è stata, finora, la decisione più encomiabile presa finora dalla terna commissariale.

Le nuove assunzioni potranno avvenire in vari modi, questo lo stabiliranno i commissari dopo aver interpellato il settore delle Finanze e quello del Personale, potranno assumere sia con l’art. 110 del Tuel che prevede la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione mediante contratto a tempo determinato – in questo caso è più semplice affidare una road map da seguire al professionista e di sollevarlo dall’incarico alla scadenza del contratto laddove non avesse ottemperato agli indirizzi a lui affidati – oppure potranno istituire dei nuovi concorsi per figure dirigenziali da assumere a tempo indeterminato.

Una cosa è certa. Qualsiasi sia la formula, finalmente Caivano, una comunità di 36mila abitanti, potrà godere di un’organizzazione della macrostruttura che una città del genere merita e contestualmente si porrà fine pure all’aspetto clientelare, da sempre presente sul territorio, che si era saldato e incancrenito tra esponenti politici e alcuni funzionari comunali che, durante gli ultimi 30 anni, non solo ha svilito la macchina burocratica facendo restare al palo un’intera città ma ha anche accresciuto, in maniera esponenziale, il potere “politico” di alcuni funzionari storici.

Un applauso quindi alla terna commissariale che con questa scelta, ha dimostrato di operare per un vero risanamento, in questo caso, della macchina amministrativa.

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CAIVANO non è un Modello, lo sa anche la brava gente del Quarticciolo, mentre i politicanti di mestiere caivanesi lo applaudono.

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CAIVANO non è un modello. Stavolta non sono io a dirlo ma gli abitanti di Roma, quelli che da anni si battono per dare una speranza alla povera gente che abita al quartiere del Quarticciolo, finito sotto la lente di ingrandimento di questo governo per replicare il modello Caivano anche nel quartiere Alessandrino di Roma insieme a quello di Rozzano a Milano e Rosarno in Calabria oltre che a Scampia di Napoli.

Non ci stanno quelli del Quarticciolo, anche perchè, a differenza di noi caivanesi, loro sanno di cosa si sta parlando. Un modello tutto repressione e nessun ripristino di uno Stato Sociale, oltre che alla discrimanazione di un intero territorio che, attraverso una legge, stabilisce quale comunità sia da recuperare e quale sia da ergere come da esempio. Insomma non proprio quello che auspicavano i nostri padri costituenti quando al tempo della stesura della nostra amata Costituzione pensavano a come redigere l’art. 3.

Oltre al danno di immagine e alla discriminazione di una intera comunità è alquanto acclarato che il modello Caivano nel nome di un risanamento territoriale non fa altro che sottrarre i territori alla regolare amministrazione comunale e municipale. È successo a Caivano con il Delphinia e succederà con il Teatro comunale e, se si farà, col campo sportivo, così come al Quarticciolo è stata sottratta l’unica struttura funzionante, sinonimo di speranza, insita all’interno dell’agglomerato di povertà del quartiere. Ossia, l’ex questura che, come dichiara l’attivista del Comitato “Quarticciolo Ribelle” Pietro Vicari a Repubblica, quel luogo oltre a essere casa per quaranta persone garantiva anche un serivizio di doposcuola attivo da anni, mentre si intendono finanziare strutture, come a Caivano, senza chiarirne la finalità o l’effettiva accessibilità per il territorio.

È il classico disegno che adottano da sempre i Paesi militarizzati che annettono altre Nazioni libere. Annullare l’identità e la cultura ed è quello che in maniera del tutto antidemocratica e fuori da ogni logica costituzionale sta attuando il Governo centrale verso quei quartieri ritenuti arbitrariamente emergenziali al punto tale da subire un chiaro e lampante esempio di repressione, la stessa repressione attuata e pensata mentre si redigeva il decreto Caivano che attualmente come unico risultato ha prodotto un affollamento delle carceri per oltre il 50% come evidenziato da Antigone, nonché un doloso svuotamento delle realtà territoriali (comitati, associazioni, centri sociali) nelle medesime aree, poiché assimilate al contesto degradato o comunque non titolate a partecipare attivamente alla riqualificazione di contesti conosciuti e vissuti da decenni. Improvvisamente, così come successo a Caivano, diventano tutti delinquenti: criminali e mondo dell’associazionismo, anche e soprattutto quelli che si battono per un quartiere migliore e per il ripristino di uno Stato Sociale.

E mentre il Governo si vanta e sbandiera ai quattroventi il modello Caivano esportandolo anche in altre zone periferiche del Paese, a bassa voce si affretta ad approvare la Legge di Bilancio con un taglio netto di 28,5 milioni di euro destinati alla riduzione dei divari territoriali e al contrasto della dispersione scolastica.

Ma a Caivano c’è chi applaude alla Meloni e al prete che pratica la politica meloniana. A Caivano c’è chi ha fatto parte di quel vuoto istituzionale e oggi vorrebbe, timidamente, uscire con la testolina fuori per vendersi come l’unica forza politica credibile alle prossime elezioni amministrative. Lo stesso che applaude al Presidente Mattarella pur di entrare in un quel mare della maggioranza che adora il nostro grande Presidente della Repubblica. Che privo di contenuti e ignaro di tutto quanto scritto finora sul modello Caivano, delle lotte intraprese dal sottoscritto, delle verità denunciate a, e da Report, sommessamente rimasto in silenzio prima, durante e dopo le commistioni della criminalità organizzata all’interno del settore comunale, in maniera costumata, col sigaro in bocca, dal divano della propria dimora con tanto di piscina, col cuore a sinistra e portafogli a destra, in pieno stile radical chic, cerca di comunicare alla città che lui cinque anni fa ha gridato in campagna elettorale di non aver voluto i voti della camorra.

Peccato però che poi ha dimenticato di gridare quando la camorra, con lui consigliere di opposizione, si è mangiata due milioni di euro di somme urgenze invisibili e anche l’intero settore lavori pubblici e urbanistica. Si è dimenticato o ha avuto paura di gridare allo scandalo e dimostrare la sua indignazione verso gli arrestati e il clan camorristico che stava impedendo il progresso sociale della propria città. Non ha speso una parola contro la camorra che finalmente aveva un nome e un cognome, gli stessi nomi da sempre scritti e denunciati attraverso i miei editoriali. Si è dimenticato di difendere la propria comunità quando veniva venduta al mondo intero come una collettività di criminali sporchi, brutti e cattivi. Anzi, ha anche applaudito il Governo e la sua propaganda accettando sommessamente che nel nome della propria città venissero elargiti fondi sovracomunali agli amici degli amici della Meloni per ripagarsi la propria campagna elettorale. Si è distratto un attimo quando, in pieno risanamento territoriale, parte della sua coalizione alle scorse elezioni europee, pochi mesi fa è stata grande elettrice di Alberico Gambino eurodeputato di Fratelli d’Italia, mentre lui si è divisto tra Giosi Ferrandino di Azione e Raffaele Topo del PD. Insomma il classico politico conformista di Sistema buono per tutte le stagioni e per le lobby cittadine che pratica la politica politicante.

Questo è quanto si prospetta dal mondo politico caivanese, mentre una parte della società civile, al posto di ribellarsi e pretendere i propri diritti e prinicipi democratici volti all’autogestione, preferisce l’abominio culturale – oltre ai profili di dubbia legalità – creato dal Governo centrale e rappresentato da una applicazione che incita alla delazione, alle forme di giustizia privata, alla discriminazione territoriale e sociale regalando l’immagine chiara e incontrovertibile di coloro che, in una situazione di percepita pericolosità e in assenza di qualunque mediazione, auspicano interventi definitivi per attaccare, reprimere, fino ad abbattere colui o colei che è considerato in quel dato momento il nemico.

Una Caivano senza appartenenza, senza identità, rappresentata da una comunità che non si sente tale, una città abitata sempre più da persone che come valore principale alimenta il pensiero del “si salvi chi può”. Questa è la Caivano che ci sta regalando questo governo e il divario tra ricco e povero, tra colto e ignorante, tra abile e disabile sarà sempre più evidente se la collettività caivanese non si renderà conto che bisogna fare quadrato intorno ai problemi annosi del proprio territorio, avere un sussulto di dignità nel nome di una identità perduta, ringraziare il Governo e dire: “Grazie, da oggi possiamo e dobbiamo farcela da soli”.

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CAIVANO. Giunto all’epilogo finale il caso M5S. Il deputato Penza perde il gruppo e la credibilità

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CAIVANO – Il caso M5S sul territorio gialloverde arriva al capolinea e lo fa nel peggiore dei modi. Uno dei territori, oggi, mediaticamente più importanti d’Italia non è minimamente preso in considerazione dai partiti di opposizione men che meno dal Movimento 5 stelle.

Non è notizia di oggi la scissione all’interno del gruppo territoriale del partito pentastellato, come non è un segreto il litigio tra il deputato Pasqualino “marsupio” Penza e il suo ex collaboratore parlamentare ed ex Consigliere Francesco Giuliano ma è di oggi, invece la notizia che i più alti in grado regionali hanno boicottato Caivano e i suoi problemi.

Per oggi pomeriggio era fissata la data per una riunione indetta proprio dal “marsupio” Penza per cercare di risanare la ferita aperta e riunire i due blocchi formatisi, da una parte un gruppo di 14 capeggiati proprio da Francesco Giuliano e un altro gruppetto formato da 4 persone che sono rimasti fedeli al deputato Penza. L’epilogo dell’incontro è che coloro che dovevano fare da collante al gruppo, in vista delle prossime elezioni amministrative, ossia il coordinatore regionale Salvatore Micillo e la coordinatrice provinciale Carmela Auriemma, hanno deciso di non presentarsi alla riunione, lasciando intrinsecamente il messaggio della loro noncuranza del territorio caivanese, abbandonando a se stesso i problemi e gli attriti del gruppo territoriale.

I due sono stati raggiunti telefonicamente dal resto del gruppo dissidente di Francesco Giuliano e il massimo che hanno guadagnato è stata la possibilità di poter fare una video call da remoto. A questo punto i 14 dissidenti si sono sentiti presi in giro da chi dovrebbe tutelare la loro passione ma soprattutto la loro dedizione alla cura della cosa pubblica, hanno rifiutato l’offerta e hanno redatto un documento attestante la loro fuoriuscita dal partito.

Insomma, in poche parole l’on. Pasqualino “marsupio” Penza ha perso la base e l’altezza. Lasciato a piedi dai suoi che rappresentavano la base e boicottato dai più alti in grado, i quali tutto ciò che hanno potuto fare è quello di lasciargli l’uso del simbolo – ammesso sempre che Giuseppe Conte lo possa usare – solo grazie al fatto che i deputati pentastellati versano nelle casse del partito circa € 2500,00 mensili.

Per il resto, a Caivano non c’è gruppo territoriale e pertanto il deputato Penza o chi volesse rappresentare il partito pentastellato a Caivano non può presentare la lista alle prossime elezioni poiché ci vuole un numero consistente di iscritti al blog per poter formare il gruppo territoriale ancor prima della formazione di un’ipotetica lista. Praticamente a Caivano Pasqualino “marsupio” Penza resta un deputato della Repubblica ma non un soggetto politico in grado di poter sedersi ai tavoli di una coalizione.

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