Adesso mi tenti ancora, ora che sai bene cosa provo a stare senza di te, e conosci gli spasmi che procuri quando non riesco a vederti se giro lo sguardo, quando stringendo la mano non sento il contatto con la tua magra figura.
Mi ha conquistato la tua focosa essenza, il tuo accenderti subito quando il mio desiderio si faceva ovvio. E ti ho desiderato ancora, contro ogni mio volere, al di la di ogni deduzione logica, come se fossi l’unica a sapere dove sta il battistero della mia brama.
Quando ti ho conosciuta – ricordi? – ero poco più di un bambino, ancora troppo giovane per poter intendere il male che m’avresti fatto, non già abbastanza piccolo da non perseverare nel piacere che mi offrivi.
Il mio volerti andava perfino oltre la mia umana dignità. Ti ho elemosinata ai viandanti ignari e agli sconosciuti, ti ho rubata e scippata, baciata e annusata, ho succhiato avidamente il tuo nettare consapevole del delitto che avresti commesso.
Mi sei entrata nelle vene attraversandole fino a entrare nel cuore. Lo hai fatto palpitare come nessun’altra, hai schiantato il mio fiato contro le scale dell’esistenza, facendomi ansimare dal piacere e dal dolore.
Ti ho voluta mentre baciavo altre, ti ho desiderata quando al culmine dell’amplesso sentivo le forze venirmi meno e… ti ho preteso anche quella volta in palestra, ricordi? Nascosti a occhi indiscreti ti consumai e tu, ancora una volta, facesti parte del mio respiro.
Adesso nemmeno riconosco più il tuo profumo. Si fa l’abitudine a tutto.
Adesso sei una consuetudine come le altre, un balocco inutile tra le mani di un bambino, un effimero bisogno che dura un attimo.
La tua fumosa esistenza mi ha distrutto. E’ giunto il momento di dire “basta”. Voglio liberarmi della tua assidua e pedante presenza. La mia voglia si ferma dove inizia la riscossa del mio cuore ormai infranto.
Piccola, fetida, nauseabondo stele che il mio debole essere ha erto dove “volontà” fa rima con “stupidità”.